Piattaforma: Sega Mega Cd/PC Engine
Sviluppatore: Konami
Pubblicazione: 30 Novembre 1994

Ok, Metal Gear Solid è un gran bel prodotto. E Kojima indubbiamente ha saputo rendere cinematografico il videogioco, specie grazie ad un accorto utilizzo delle più moderne tecnologie. Ma Kojima è anche un degno esponente della narrativa moderna. E non si pensi sempre e solo alle pur eccellenti avventure di Solid Snake. Sarebbe quantomeno ingeneroso. Kojima è anche Snatcher. È Policenauts. È Blade Runner che incontra le croci direzionali dei nostri consunti joypad. É il grande cinema che incontra le nostre console e ne abbraccia fiero la filosofia.
snatcher cover PC Engine
Neo Kobe, Giappone. Futuro più o meno prossimo. Il progresso tecnologico non impedisce agli abitanti del pianeta di vivere in un profondo periodo di degrado e precarietà. Gli esseri umani, già decimati da una potente arma batteriologica, vengono uccisi e sostituiti - all'interno della società - da androidi noti come "snatchers". Gillian Seed, agente appartenente ad una task force creata appositamente per combattere il fenomeno "snatcher", soffre di una forte amnesia. Eppure, per qualche motivo, crede fermamente di avere, tra le pieghe di un passato dimenticato, un qualche legame con le più mortali macchine che la razza umana abba mai conosciuto.
Pubblicato inizialmente per Msx2 (laddove la saga di Metal Gear trova le sue origini) e PC88, e passando per Pc Engine, Snatcher giunge solo nel tardo 1994 su Mega Cd, godendo altresì di una release occidentale. Seguiranno conversioni per Playstation e Sega Saturn, ben realizzate ma non più curate da Kojima. Ne consegue che il miglior rapporto tra filologia e tecnologia trovi il proprio optimum sul poco considerato add-on Megadrive. Magari - nel caso del maniaco nippocollezionista - acquistando anche la versione Pc Engine, ingentilita dal fascino che solo i box destinati al mercato giapponese riescono a possedere.
cover Snatcher
Amalgamando felicemente ottime fasi di investigazione, in grado di calare perfettamente il giocatore nel contesto di gioco e nella fantastica sceneggiatura, e fasi tipiche del classico sparatutto in prima persona, Snatcher cattura. Ottenebra la mente. Trascina verso un geniale - per quanto forse prevedibile - finale con la maestria che solo l'artigiano del buon cinema può adoperare. Ogni ambientazione è curata con maniacale devozione. Il character design di ogni personaggio è assolutamente pertinente al contesto, oltre che magnifico. Le fasi action, sebbene non particolarmente impegnative, sono ben collocate all'interno del gioco. E poi ancora i tanti piccoli rimandi a Metal Gear. Gli omaggi al cyber punk tutto. Le divertenti cut scenes che smorzano bene la tensione richiesta da un racconto di tale portata. Davvero: un concentrato di sensazioni che valgono ciascuna il prezzo del biglietto.
screen game Snatcher
Sono poche ore di gioco, ma assolutamente intense. Un videogioco che si completa nella sempre eccellente colonna sonora (che trae deciso giovamento nel passaggio alla potente espansione cd di Sega). Un videogioco penalizzato dalla pressoché nulla notorietà al di fuori del Giappone. Sarebbe auspicabile, in tal senso e vista la copiosa presenza di raccolte dedicate al più noto Metal Gear, una ripubblicazione - all'interno delle stesse - di Snatcher e del fratello minore Policenauts (del quale certamente avremo modo di parlare, prima o poi).
screenshot del gioco Snatcher per Mega CD
Un prodotto essenziale, in definitiva, per chiunque ami l'ingegno di Kojima. Perché davvero non se ne può più di ragazzetti che idolatrano Metal Gear e riempiono camera propria di voluminose edizioni limitate dedicate allo stesso, con pupazzi, colonne sonore, katane, cartonati, bombe a mano, libri illustrati e Dio solo sa cos'altro. Finti nerd che si riempiono la bocca di termini come "semiotica del videogioco" e "OMG il videogioco é una forma d'arte" e poi, semplicemente, ignorano o disconoscono un prodotto seminale, per il genere, come Snatcher. Ma nel 2012 i Maya ci hanno graziati. Dunque ora abbiamo tempo e modi per rimediare.
artwork Snatcher
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Piattaforma: Nintendo Ds (NTSC/J)
Sviluppatore: TOSE
Pubblicazione: 20 Ottobre 2005

A volte, per quelli che sono i miei interessi, temo di essere un tantinello monotematico, nonostante mi piaccia considerarmi una persona priva di pregiudizi e – sostanzialmente – amante di tutto ciò che è bello o ben fatto. Eppure – vai a vedere – scrivendo di videogiochi su questo umile blog mi rendo conto di trattare e voler trattare, in prevalenza, di prodotti Nintendo. Non che sia un male, eh. Non che abbia un qualche obbligo contrattuale nei confronti di un editore. Quindi un bel “chissenefrega” e via. Era giusto una considerazione. Considerazione sorta ora così, spontaneamente, presa la decisione di parlarvi di Super Princess Peach (スーパープリンセスピーチ).
Super Princess Peach cover
Il fatto è che – tutto sommato – parlarvi di prodotti come Super Mario 3D World è per certi versi inutile (ma ormai il danno è fatto, quindi tiriamo a campare): si tratta del tipico – almeno sulla carta – blockbuster natalizio, che non ha bisogno di alcuna presentazione e che anzi, sarebbe strano non voler acquistare assieme alla stessa console che lo ospita. Mentre il platform oggetto di questo post è – a mio giudizio – meritevole di qualche riga. Vuoi perché è passato ormai qualche anno dalla pubblicazione. Vuoi perché – a parte me e qualche altro disgraziato adoratore del Dio Nintendo – non credo lo abbiano effettivamente giocato in tanti. Quindi chi lo sa, magari a qualcuno verrà in mente di provare questa singolare avventura della “Principessa Pesca”.
Che poi, per il sottoscritto, il precitato videogioco è stato una autentica scoperta. Di quelle da proverbiale mascella sul pavimento: sviluppato da Tose e pubblicato abbastanza in sordina. Affidato da Nintendo ad una softco che in apparenza non ha prodotto nulla di rilevante ma poi, scava scava, scopri che il suddetto team – pur non comparendo tra i credits delle maggiori produzioni del colosso di Kyoto – ci mette sempre lo zampino. E scopri (o ti torna in mente) che sono gli stessi della splendida serie di platform bidimensionali The Legendary Starfy (prima o poi ne parleremo). Poi lo giochi e, come per incanto, scopri di avere per le mani la degna conclusione di una trilogia importante. Perché Super Princess Peach, al di là di tutto, è Super Mario World 3: prende e perfeziona, nel rigoroso bidimensionale che caratterizza la serie, quanto di meglio possano offrire Super Mario World e Yossi (o Yoshi) Island.
game screen Super Princess Peach
A livello tecnico, dicevamo, Super Princess Peach è la summa del platform bidimensionale Nintendo, ma adeguata alla potenza tecnica di Nintendo DS: grafica coloratissima, uno stile sempre vario, mondi basati su più temi “ricorrenti” (castello di Bowser, nuvole, foresta, etc), soluzioni estetiche geniali. Niente a che vedere – si chiarisce a tutti i prevenuti - con Yossi Island DS che invece, affidato ad Artoon (quelli della mediocre serie di Blinx), si è dimostrato un platform tutto sommato anonimo per stile e creatività, nonostante l’importanza del brand.
screenshot gioco Super Princess Peach
Il gameplay è, chiaramente, quanto di meglio ci si possa attendere da un Super Mario World ma elevato a potenza: tonnellate di segreti da scoprire, molteplici azioni da compiere, abilità speciali da ottenere, enigmi e piccoli puzzle da risolvere, nemici di fine mondo assolutamente fantastici, immediatezza a palate. Peach affronterà montagne di livello multi direzionali coloratissimi e zeppi di segreti caricando, tra l’altro, una “barra emozionale”: la stessa, giunta a saturazione, attiverà uno tra i quattro stati emozionali previsti (gioia, rabbia, tristezza, calma). Ogni stato emozionale sortirà precisi effetti sul gameplay: in modalità “tristezza”, a puro titolo esemplificativo, Peach piangerà degli autentici torrenti in piena, facendo crescere piante di fagioli magici, ghiacciando ponti nelle zone innevate ed azionando mulini a vento. Ma questo è niente: vedeste le azioni a disposizione della irascibile Principessa! Darà mazzate in testa ai nemici col suo ombrellino magico, scivolerà, correrà, camminerà lentamente per non svegliare nemici addormentati o smuovere piattaforme instabili e via così. Un gioiello di gameplay, insomma.
La longevità è sopra la media, se rapportata alle altre produzioni platformistiche Nintendo. Ciò perché, per affrontare l’ultimo livello di gioco, non sarà sufficiente terminare gli altri livelli che compongono il gioco (e stiamo parlando di otto mondi da sei livelli ciascuno), ma vi verrà richiesto di trovare ogni Toad nascosto nei livelli di gioco. Ovviamente – se siete abituati a scoprire ogni singolo segreto ed obiettivo, prima di potervi reputare paghi dell’esperienza di gioco – allora la longevità vi parrà assolutamente nella norma.

Un gran bel titolo, insomma. Addirittura immancabile, per l’amante di Mario. Molto ma molto superiore, oltretutto, al “coetaneo” New Super Mario Bros che, caratterizzato da una preoccupante carenza di idee, seppe solo togliere – immeritatamente – la scena al VERO platform per il due schermi Nintendo.
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Una volta, quando portavamo ancora i calzoncini corti, vero o meno che fosse, passavamo buona parte del nostro tempo a cacciar fuori storie, con gli amici, riguardanti l’ottenimento di un nuovo record a questo o quel gioco. Trucchi per ottenere qualche vita in più o qualche grasso e succoso premio in termini di score. E diavolo se c’era da vergognarsi, nel finire un qualsivoglia videogioco con un punteggio mediocre.

Oggi invece non viviamo forse senza certezze? Ti alzi una mattina e non sai chi sia il Presidente del Consiglio, esci di casa e non sai se l’immondizia sia stata raccolta dalle strade, arrivi a lavoro e non sai se lo hai ancora, un lavoro. Boh.
record punteggio più basso Super Mario Bros.
Poi, nel girovagare sul web (dimenticavo: torni a casa e non sai se il tuo gestore telefonico ti permetterà di navigare decentemente, nonostante quei cento e rotti euro a bimestre che ti tocca pagare), trovi un video del genere: un povero disperato che, negli ultimi vent’anni, ha cercato di terminare Super Mario Bros. col punteggio più basso possibile. Ariboh.

Comunque interessanti gli espedienti adoperati: attendere che il counter del tempo giunga allo zero prima di terminare il livello, evitare testardamente qualsiasi power up, saltare con accortezza millimetrica così da non raccogliere monete.

Il “recordman” protagonista della titanica impresa ci avrà speso gli anni migliori della propria vita, per realizzare una simile prodezza. A noi non resta che spendere i prossimi otto minuti nella visione di questo pazzesco video. Bella lì.

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Piattaforma: Nintendo Wii U (NTSC/J)
Sviluppatore: Indies Zero
Pubblicazione: 24 Aprile 2014

Per fortuna in Giappone non ci hanno ancora abbandonati. Noi, poveri pazzi che senza le nostre belle custodie colorate siamo niente. Noi che il digital delivery lo evitiamo come la peste. Perché spendere per non avere nulla in mano è una truffa. Noi non buttiamo i nostri sudati risparmi nel maledetto vaporware. O custodia sbrilluccicante o morte. E se in Occidente questo concetto è ormai inaccettabile, perché il mass market si è arreso all’idea di dover acquistare tramite shop virtuali, il Sol Levante continua – per fortuna – ad assecondare il bisogno primario del collezionista inarrestabile. Ed è così che mentre Nintendo annuncia la imminente pubblicazione di Nes Remix Volume 2 tramite e-shop, in Giappone è pronta ad approdare nei negozi, in formato rigorosamente retail, la raccolta dei due volumi al fantastico prezzo di 2.585 Yen (al cambio 20 euro: l’equivalente del prezzo richiesto per il download di entrambe le pubblicazioni tramite misero download). Per Nintendo hip hip hurrà!
famicom remix cover versione retail Fantastica front cover per la versione retail di Famicom Remix 1 + 2 (release date: 24 Aprile 2014).
Ma cos’è questo Nes Remix? Beh, sostanzialmente una raccolta di vecchie pubblicazioni Famicom (Nes), smontate e rimontate in modo da formare velocissime sfide a tempo sulla falsariga di Wario Ware: salta tre barili di fila in Donkey Kong, abbatti tot nemici in tot tempo dentro qualche livello di Super Mario Bros. o Ballon Fight, raggiungi tot piani in Ice Climber, recupera un oggetto in The Legend of Zelda. I giochi compresi sono chiaramente i grandi classici di Nintendo, “riarrangiati” – come già detto – in chiave Wario Ware. Ogni obiettivo raggiunto varrà una stella e collezionare stelle permetterà di sbloccare continuamente dei nuovi livelli remixati e nuove sfide a tempo. E la cosa funziona alla grande: i nostalgici come il sottoscritto vecchio rimbambito lo adoreranno, mentre i ragazzini cresciuti con le app per iphone o android avranno – forse – modo di conoscere titoli altrimenti inaccessibili.
Playthrough tratto da Nes Remix Vol. 1: per fisiologica natura del prodotto il gameplay è decisamente vario e, salvo talune situazioni, mai frustrante.
Sfortunatamente il fottuto region lock della console non ci permetterà, cari colleghi compulsivi, di giocare con la versione retail (salvo possedere una macchina giapponese cosa che, se dovessero aumentare le esclusive “japan only”, non è nemmeno da escludere). Ma va bene lo stesso: vorrà dire che compreremo dallo shop virtuale i due capitoli in formato “gassoso” (per la modica cifra di 10 euro per volume) e poi, tramite importatore di fiducia, avremo modo di recuperare la versione “reale” di queste splendide compilation. Quaranta sacchi in tutto e passa la paura.
Breve occhiata al secondo volume che, se possibile, assume dei connotati ancora più visionari e pazzeschi: cosa ci fa Samus Aran in Super Mario Bros???
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Piattaforma: Super Famicom (NTSC/J)
Sviluppatore: Human Entertainment
Pubblicazione: 9 Settembre 1994

Se c’è qualcosa di buono, nella emulazione delle vecchie console, è la possibilità di provare titoli dei quali, con ragionevole certezza, tutti noi ignoravamo l’esistenza. E poi, magari con l’aiuto del passaparola internettiano, diffondere scoperte che – a volte – potremmo definire epocali. Nel caso di The Firemen, per esempio, sarei curioso di sapere quanti ne abbiano posseduto una copia, nella “golden era” del Super Famicom (o Super Nintendo, per noi poveri videogiocatori del terzo mondo). E non si tratta nemmeno di una esclusiva “japan only” essendo stato pubblicato, nel tardo 1994, anche in formato europeo (lasciando di fatto orfani di una localizzazione solo gli States).
cover giapponese The Firemen The Firemen (Super Famicom), cover della versione giapponese.
Caspita, che gran bel gioco The Firemen. Un action adventure dove l’uso del getto d’acqua introduce – volendo usare una forzatura – anche una componente di matrice sparatuttista. Una intricata commistione di generi dove la grafica estremamente curata – per l’hardware Nintendo – non è che la classica ciliegina sulla torta. E – per una volta – abbiamo per le mani anche qualcosa di concettualmente nuovo (o, almeno, se rapportato ai sedicimilaquattrocentodiciassette platform a 16 bit di chiara scuola nipponica che popolano gli armadi del videogiocatore nostalgico).
screenshot del gameplay The Firemen Gameplay screen. Fiamme e detriti ovunque.
Guardando la cover, già a lume di naso, restano pochi dubbi su quello che è il plot di The Firemen: a New York è la sera di Natale e, per qualche motivo, un importante edificio è in fiamme. Dentro, intrappolati, tanti civili. Troppi, forse, perché possano essere salvati tutti per tempo. A Danny e Pete, sventurati vigili del fuoco di turno, il compito di neutralizzare le mortali fiamme e trarre in salvo – se possibile – ogni malcapitato “prigioniero” dell’edificio. Ogni livello andrà affrontato in un tempo predeterminato ed è anche questa continua lotta contro il tempo a rendere il tutto più impegnativo ma, immancabilmente, più verosimile all’interno del contesto.
gameplay screen The Firemen Altro gameplay screen. Capiterà, nel corso del gioco, di incontrare personaggi non giocanti feriti o intrappolati dalle macerie.
Adoperando due tipi di getto (corta e lunga gittata) e delle preziose quanto rare “bombe” (in grado di neutralizzare istantaneamente le fiamme negli ambienti più… incandescenti), si affronteranno veri e propri nemici fatti di solo fuoco e, talvolta, ci si aprirà un varco verso nuove aree, altrimenti inaccessibili. Il pad del Super Famicom viene, puntualmente, sfruttato alla perfezione. Difficilmente si andrà a compiere una azione non voluta o si sbaglierà qualche passaggio a causa della errata pressione di un tasto. Alcune aree di gioco richiederanno, oltre ad una buona dose di riflessi, anche un minimo di esercizio mnemonico: le fiamme infatti non vengono generate in maniera casuale all’interno delle varie locazioni e questo, per fortuna, rende possibile memorizzare passaggi che sarebbero altrimenti esasperanti.
Burning Rangers cover per Sega Saturn Burning Rangers (Sonic Team, 1998): pompieri futuristici su Sega Saturn!
L’importanza di The Firemen è anche storica: il Sonic Team avrebbe mai concepito Burning Rangers, senza questo adventure di Human? Magari si. Ciò però non toglie che The Firemen abbia rappresentato, all’interno della softeca Super Famicom, un prodotto fresco (beh, fresco una volta estinte le fiamme, forse). Un titolo che merita l’acquisto anche perché – a dispetto di altre gemme perdute della ormai andata epoca bidimensionale – ancora acquistabile a prezzi non completamente folli. Peccato, solo, per la non eccessiva longevità.
cover The Firemen, seguito per Playstation Un seguito all’altezza ma tutto sommato non imprescindibile…
Da segnalare, in ultimo, la presenza di un sequel per Playstation. Carino, estremamente valido graficamente e nel gameplay ma, forse, privo di parte di quel carisma che solo il primo, per qualche motivo, seppe mostrare.
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Arriva il momento, nella vita di ciascun nerd, in cui A) si cresce, decidendo di stipare in soffitta – anche in vista delle prime comparsate di qualche ragazza in camera da letto – quelle diverse centinaia di giochi accumulati negli anni (o meglio ancora, nel caso di consistenti patrimoni dilapidati, decidendo di recuperare parte del denaro speso mettendo tutto in vendita su ebay); B) ci si rincoglionisce completamente, stabilendo che avere mensole colme di videogiochi non è sufficiente, per sentirsi davvero completi.

Nel secondo caso, può capitare, non sai più dove sbattere la testa o cosa diavolo acquistare, per ancorare stabilmente – pochi giorni dopo l’accredito dello stipendio – il tuo saldo contabile in prossimità dello zero.

Fortunatamente il sottoscritto può darti una mano, in questo senso. Non ringraziarmi. Ci mancherebbe. Ho molto a cuore il tuo tracollo finanziario. Anche solo per non sentirmi l’unico demente a desiderare fortissimamente oggetti che chiunque, superati i tredici anni, giudicherebbe quantomeno superflui.

Ammiriamo dunque con cupidigia la splendida t-shirt dedicata alla storia di Sega ed alla evoluzione degli hardware prodotti da questa: distribuita durante il Tokyo Game Show 2012 ma forse, con un po’ di pazienza, rintracciabile in qualche mercatino o sui soliti siti di aste online. Da indossare con orgoglio in una riunione di lavoro o al brunch in compagnia del capo: conferirà certamente grande carisma e darà un tocco di sofisticatezza ad un vestiario altrimenti troppo ordinario (o, mal che vada, in caso di licenziamento non avrete troppo ad interrogarvi su cosa possa essere andato storto).
maglietta celebrativa Sega
O ancora, perché non dare un tocco di colore alla propria camera da letto? Una dolce signorina potrebbe non notare i nostri fichissimi poster formato 70*100 incorniciati e posti in ogni cm quadro di parete. Con i mega cuscini Nintendo la poveretta non potrà che capitolare, in adulazione, ai vostri piedi!
cuscini celebrativi Nintendo
Questi meravigliosi cuscini, realizzati a mano, sono acquistabili all’indirizzo www.feltsewgood.com. Come farne a meno?
cuscino celebrativo Nintendo Pad Famicom Meravigliosa replica del pad Famicom. Viene voglia di abbracciarlo come fosse un cucciolo di Labrador, no?
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Se avete meno di venticinque o trent’anni, uscite immediatamente da qui. Non per altro, ma questo post vi farà sorridere e basta. Non fa per voi, ecco. Perché qui si parla di preistoria videoludica, o quasi. Ed io stesso, per certi versi e nonostante i primi peli bianchi in faccia, non avrei pieno titolo per raccontarvi di un’epoca fatta di gettoni imbucati al bar e “giochini elettronici” a cristalli liquidi talvolta voluminosi come macchine per il caffè. Altro che PsVita e telefoni android in grado di emulare persino un GameCube: parliamo di tempi in cui, per telefonare alla fidanzata, dovevi farti cambiare mille lire al bar e sostare, in prossimità di una cabina telefonica, con tante di quelle pesanti monete in tasca da rischiare di rimanere a culo nudo. Ma stiamo divagando, col rischio di far sembrare questo posto una casa di riposo o il circolo della briscola, quindi andiamo oltre.
recensione sui Game and Watch “Come dite? Vi ricorda qualcosa? Che dipenda dal doppio schermo?” :-)
I giochini a cristalli liquidi. La magia del videogioco portatile. E prima dell’avvento di un certo Game Boy. Inutile dire che Nintendo, anche in questo, poteva dare lezioni a tutti: ogni nuovo videogioco a cristalli liquidi era una piccola gemma di progettazione e divertimento. Ma erano gli anni di Gunpei Yokoi (padre dello stesso Game Boy e della croce direzionale), quindi non c’è da stupirsi troppo.
Gunpei Yokoi (sinistra) e Shigeru Miyamoto (destra) Gunpei Yokoi (sinistra) e Shigeru Miyamoto (destra).
“Quindi, in buona sostanza, sei qui a parlarmi di un qualche Game & Watch a caso?” La risposta è no, maledetto cialtrone. Anche perché la lista sarebbe troppo lunga e troppo pigro sono io per star qui a colmare le tue colpevoli lacune. Volevo, piuttosto, parlarti di una pubblicazione a tema che ho trovato estremamente gradevole: La Storia di Nintendo, Vol. 2 - La sorprendente invenzione: i Game & Watch (secondo di tre volumi, scritto da Florent Gorges - fondatore della francese casa editrice Pix’n Love - ed Isao Yamazaki - giornalista free lance).
libro sulla storia di Nintendo
Il testo, tradotto e pubblicato recentemente anche in Italia, rappresenta la fonte definitiva per chiunque voglia collezionare, conoscere o semplicemente ammirare il prodotto delle prime incursioni di Nintendo nel campo dell’home entertainment elettronico. Contrariamente a tante altre pubblicazioni occidentali che hanno la presunzione di voler approfondire aspetti del videogioco senza che gli stessi autori possiedano gli strumenti conoscitivi per farlo, infatti, i testi di Gorges denotano specifiche conoscenze sul tema. Gorges, infatti, vive praticamente da sempre in terra nipponica ed ha negli anni potuto – grazie anche alle innumerevoli collaborazioni editoriali con Nintendo stessa – condurre precisi studi sulla “vita” del colosso di Kyoto.
collezione Game&Watch
Un testo autorevole, insomma. Che vi farà venir voglia di dilapidare le vostre già magre ricchezze in questi ormai costosissimi giocattoli elettronici dei tempi che furono. O, quantomeno, farvi una cultura sull’argomento
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